Weisman Alan, Il mondo senza di noi – Einaudi 2008

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Se si eccettua una piccola percentuale che è stata incenerita – dice l’oracolo Tony Andrady – ogni pezzo di plastica fabbricata nel mondo negli ultimi cinquant’anni è ancora in giro. Da qualche parte nell’ambiente.

Attualmente la Norvegia sta archiviando su un’isola dell’Artico i campioni delle diverse varietà di semi coltivati nel mondo, nella speranza che possano sopravvivere a un’eventuale indicibile calamità.

In questo secolo – insiste Eward O. Wilson – svilupperemo un’etica che ci permetterà di far gradatamente diminuire la popolazione, fino ad avere un mondo con un impatto umano molto minore.

… gli uccelli migratori si sono evoluti per volare verso la luce durante il cattivo tempo. Fino all’avvento dell’elettricità significava volare verso la luna. […] Il un mondo senza umani le luci si spegnerebbero con il cessare delle trasmissioni. Un miliardo di conversazioni giornaliere al cellulare si disconnetterebbero, e un anno dopo ci sarebbero molti miliardi di uccelli in più.

(a proposito delle scorie radioattive ndr) A Rocky Flats tutto ciò che troppo duro o troppo rischioso da rimuovere è stato coperto di calcestruzzo e di sette metri di riporto. […] il Department of Energy è costretto dalla legge a dissuadere chiunque dall’avvicinarsi per i prossimi diecimila anni. In considerazione del fatto che le lingue umane mutano così rapidamente che nel giro di cinquecento o seicento anni divengono quasi irriconoscibili, è stato deciso di mettere avvisi in sette lingue con anche delle figure disegnate. Saranno incisi su monumenti in granito alti otto metri e pesanti venti tonnellate […] in modo da trasmettere al futuro ogni possibile segnale del fatto che lì sotto c’è qualcosa.

(a proposito delle bare, che sono elementi inquinanti ndr) Gli ecologisti della sepoltura verde si domandano anche perchè, dopo aver intonato parole sacre sulla polvere che torna alla polvere, caliamo sì i nostri corpi nella terra, ma facendo tutto il possibile per sigillarli in modo che non vi entrino in contatto.

Noi siamo per definizione invasori alieni. Ogni volta che Homo sapiens è arrivato da qualche parte qualcosa si è estinto.

L’insieme degli insetti presenti in un tratto di bosco pesa molto di più degli uccelli; e i passeracei, gli scoiattoli e i topi messi insieme pesano decisamente più delle volpi, i falchi e i gufi messi insieme. (quanti insetti mangeremmo se mangiassimo una volpe? ndr)

La soluzione intelligente richiederebbe il coraggio e la saggezza di mettere alla prova le nostre coscienze. In un certo senso sarebbe doloroso e triste, ma non fatale. Basterebbe che ogni donna della Terra capace di riprodursi facesse un figlio unico. Il dottor Sergei Scherbov ha calcolato cosa accadrebbe alla popolazione umana se, d’ora in avanti tutte le donne fertili avessero un unico figlio. Se in qualche modo si iniziasse domani, l’attuale popolazione di 6,5 miliardi di persona calerebbe di un miliardo entro la metà del secolo (invece di continuare a crescere secondo previsioni di 9 miliardi). Entro il 2075 avremmo ridotto la nostra presenza a quasi la metà, a 3.43 miliardi e avremmo ridotto molto di più il nostro impatto, perchè gran parte di quello che facciamo è ingigantito da reazioni a catena che produciamo nell’ecosistema.

Entro il 2100, fra meno di un secolo, saremmo 1,6 miliardi tornando ai livelli del XIX secolo, subito prima che lo sviluppo esponenziale energetico, medico e alimentare raddoppiasse in nostro numero, per poi raddoppiarlo di nuovo. All’epoca quelle scoperte parvero miracoli. Oggi, come capita con tutte le cose buone, stiamo esagerando, a nostro rischio e pericolo.

Attestandoci su cifre più ragionevoli goderemmo invece di benefici del nostro progresso […] della crescente gioia di vedere il mondo diventare ogni giorno sempre più splendido. Le prove non andrebbero cercate nelle statistiche. Sarebbero fuori dalla finestra di ogni umano dove ogni stagione, l’aria tornata pulita si riempirebbe sempre più di uccelli canterini.

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