L’altro giovedì sera ho assistito ad una serata, una specie di conferenza molto informale, con Carlo Rubbia, al teatro sociale di Trento. Prendo il mio posto, fila C numero 3, e mi siedo in attesa che l’evento abbia inizio. Dopo una decina di minuti un amico, Stefano, mi batte la spalla, facendomi notare che il premio Nobel per la fisica era seduto proprio accanto a me, due posti a fianco. Mi sarebbe piaciuto scambiare qualche parola, che ne so, … salutarlo, ma ho lasciato perdere, e dopo pochi minuti è salito sul palco e ha iniziato a parlare.
La serata è stata molto piacevole; ascoltarlo parlare con quel linguaggio chiaro e adatto alla serata è stato piacevole e per niente faticoso. Peccato che ciò che raccontava lasciava intendere un futuro abbastanza drammatico. Ero contento perché la sala del teatro era piena, e quindi il messaggio arrivava a tutti: politici, studenti, direttori, gente normale e insegnanti. La sensazione di diffusione della problematica energetica a chi magari non ne era stato colpito prima mi rendeva abbastanza tranquillo e contento dei risultati. Una sorta di “avete visto che la situazione è preoccupante e che c’è un sacco da fare?” mi pareva poter esclamare ad alta voce. L’informazione, su alcuni argomenti è il problema principale. Tutto è durato circa un paio d’ore.
Al termine il consueto spazio per le domande. Mi sarebbe piaciuto fare anche la mia, ma tempo e richieste non lo hanno permesso. Ecco la mia domanda a Rubbia.
“ Buonasera professore e grazie innanzitutto per la piacevole serata. Avrei voluto dire bellissima ma i contenuti di cui ha parlato non mi permettono di utilizzare questo termine. Ma sono comunque molto felice di averla conosciuta quasi personalmente, Siccome ha parlato di quanto industria, ricerca a politica debbano collaborare insieme cerco di porle una questione diversa. Perdoni l’ingenuità della mia domanda, e anche un po’ dell’agitazione che vivo nel rivolgermi a lei.
Tutti i giorni mi domando cosa possa fare io come cittadino per risolvere la problematica energetica e contribuire a risolvere, o quantomeno rallentare, questo nostro inesorabile declino. Le risposte più semplice ovviamente me le sono già date da solo; la mia domanda non è cosa debba fare, ma cosa possa fare. I doveri in parte credo di averli capiti. Alcuni di questi sono forti e discutibili. Posso innanzitutto decidere di avere solamente un figlio naturale, e di adottarne qualcuno per non aggravare il problema della sovrapopolazione di cui ha parlato. Cercherò di stare attento perché queste cose non si sa bene coma vadano.
Posso certamente educare questo figlio unico a comportamenti ai comportamenti più corretti, e renderlo sensibile alla salute della terra. Ma finora ritengo di non aver fatto altro che il mio dovere. Invece io le voglio chiedere cosa posso fare.
Ho pensato di installare il solare sul tetto di casa, ma è una cosa che non tutti possono ancora permettersi, ma cercherò di farla perché va anche a mio vantaggio, e quindi non è speciale come azione.
Sono un imprenditore, ma non abbastanza capace per attivare ricerche come le sue o produzioni eco-sostenibili da diffondere nel mondo. Cosa potrei fare? (Posso scrivere un blog come questo ad esempio mi verrebbe da dire in questo momento).
Potrei diffondere la coscienza di queste problematiche a tutti coloro che conosco, ma spesso mi demoralizzo. Sa, per farle un esempio che risposte ottengo ogni tanto? Che tanto non c’è niente da fare e quindi è meglio divertirsi o che tra 30 anni, o quando sarà, ci saranno le astronavi e si cercherà un altro pianeta. Che bisogna fare?
Cosa posso fare come cittadino per contribuire positivamente a quanto sta succedendo?”